Sono in molti a condividere la password di Netflix per suddividere il canone mensile e fruire delle serie tv e dei contenuti imperdibili che la piattaforma propone. Eppure questo piccolo stratagemma ha i giorni contati: gli utenti che condividono la propria password illegalmente potrebbero presto rischiare pesanti multe a causa di un nuovo programma sviluppato dalla società britannica Synamedia.
Esistono piattaforme,come la startup romana TogetherPrice;, che consentono di acquistarle già in origine in condivisione, pagando pochissimi euro al mese fra sconosciuti che così; pur limitando il proprio accesso a un solo dispositivo, ammortizzano la spesa. Qualche esempio? Al momento in cui scriviamo c’è un utente che offre un abbonamento a Infinity Tv; il servizio di Mediaset; a 2,74 euro al mese, un altro a Tim Vision per 1,99 al mese, uno che ha ancora un posto libero per Spotify a 3,49 al mese e un altro che offre Netflix a 4,49 ogni 30 giorni. Le società ne sono al corrente ma fanno orecchie da mercante.
Durante il Consumer Electronics Show 2019 (Ces), un evento organizzato da 50 anni dalla Consumer Technology Association (Cta) degli Stati Uniti; l’azienda ha presentato un programma basato sull’apprendimento automatico e l’intelligenza artificiale per individuare password condivise su servizi di streaming come Netflix e Hbo e reprimere questo fenomeno illegale. Adesso la pacchia potrebbe finire. Ammesso, come si diceva, che le società intendano davvero rinunciare a un’audience tanto diffusa che solidifica il loro brand e fa circolare di più i contenuti (specialmente quelli originali) su cui hanno investito miliardi di dollari.
Come funziona?
Funziona così: la piattaforma di streaming diventa cliente del sito di Synamedia, che analizza i dati da tutti i suoi utenti. Mettendo sotto la lente un gran numero di fattori. Per esempio, da dove si accede a un account, a che ora viene usato, che genere di contenuti vengono fruiti e attraverso quale dispositivo e così via. Poi mette insieme i big data in una serie di pattern, cioè schemi e abitudini d’uso di un certo account e dei suoi accessi multipli; evidenziando quelli che secondo il sistema potrebbero indicare la presenza di password condivise; fornendo alla piattaforma cliente, cioè Netflix, Hbo o altre, un punteggio di probabilità. Starà poi alla società prendere i provvedimenti del caso, per esempio allertare l’utente. Anche se non è chiaro in che modo quest’ultimo potrebbe provare al fornitore che i suoi diversi accessi siano effettivamente utilizzati in modo personale e non condiviso.
Esempio: “Uno schema tipico sarebbe quello di un abbonato che sta guardando nello stesso tempo contenuti sulla costa Est e Ovest degli Stati Uniti – ha spiegato un manager del gruppo britannico al sito The Verge – non può essere la stessa persona” ...
Se la probabilità di una frode da parte del cliente è molto alta, per esempio nel caso in cui le credenziali siano state vendute online o condivise attraverso servizi come TogetherPrice; il servizio potrebbe scegliere di sospendere l’account.
Condivisione in Famiglia
Ma l’approccio più probabile – si pensi per esempio al caso di un account condiviso fra un genitore e un figlio che abita fuori casa – potrebbe essere quello della persuasione. Con una serie di comunicazioni per spingere a limitare la condivisione o passare a un account più costoso ma che consenta più utenze, come lo Spotify for Family.
Conclusione
Tutta da verificare sarà però l’intenzione delle stesse piattaforme di arrivare ad un passo del genere; se si pensa all’enorme diffusione di questa abitudine che è alla base del successo stesso ad esempio di Netflix; sbarcata in Italia nel 2015 e che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi due anni. Ma col passare degli anni, inevitabilmente, le piattaforme online punteranno a massimizzare i profitti e con ogni probabilità ci ritroveremo a non poter più condividere i nostri account con altre persone. In definitiva: finché dura, godetevela.
